8 lug 2008

La sorella di Emanuela Orlandi dopo le dichiarazioni della super testimone

La sorella di Emanuela Orlandi dopo le dichiarazioni della supertestimone
"L'importante è continuare a cercare la verità, il dubbio è la cosa peggiore"

"Credo a Sabrina Minardi
ma poteva parlare prima"

"Mio padre era convinto che mia sorella fosse vittima di un gioco più grande di noi"
di DANIELE MASTROGIACOMO


"Credo a Sabrina Minardi ma poteva parlare prima"

Emanuela Orlandi
all'epoca della scomparsa

ROMA - "Sì, sono convinta che la signora Minardi dica la verità. Spesso fa confusione sulle date. Ma credo, voglio credere, che la sua confessione sia sincera. Le mie perplessità sono altre. Non mi spiego perché abbia deciso solo adesso di raccontare quello che sa e che ha saputo da chi gli stava vicino. Avrebbe potuto farlo molto tempo prima". Così dice Natalina Orlandi, una delle tre sorelle di Emanuela. I suoi occhi luminosi si velano di tristezza. I ricordi riaffiorano. Assieme a una rabbia che con il tempo ha imparato a dominare.

Signora Orlandi, lei si chiede perché la Minardi ha parlato solo ora. Non ha provato a darsi una risposta?
"Paura. Soldi. Ho sentito dire che ha difficoltà economiche".

Ma è la prima testimone che collega il sequestro di Emanuela alla Banda della Magliana.
"Lo aveva fatto qualcuno molto prima di lei. Il giorno stesso della scomparsa".

Chi?
"Un poliziotto. Due ore dopo la scomparsa eravamo già al primo distretto di polizia per la denuncia. Ci convocarono il giorno dopo e ci trovammo davanti ad un identikit che era stato disegnato con il contributo decisivo del vigile urbano in servizio vicino al Senato. Aveva visto mia sorella mentre parlava con un uomo a bordo di una Bmw. Quando è apparso il profilo, il poliziotto ha avuto un sussulto. Ha esclamato: 'Ma questo è De Pedis'. Poi ha scosso la testa e ha detto che era impossibile, perché si trovava all'estero".

E De Pedis, che lei sappia, si trovava all'estero?
"Io neanche sapevo chi fosse questo De Pedis. Ho visto un identikit talmente preciso che indicava subito l'autore del probabile rapimento. Tutti sanno che le prime 24 ore di indagini sono decisive per risolvere un caso. Se ci fosse stata la volontà sono certa che Emanuela poteva essere rintracciata".

E adesso, con le dichiarazioni di Sabrina Minardi, è convinta che si possa risolvere?
"L'importante è parlarne. Bisogna continuare a cercare la verità. Il dubbio è la cosa peggiore".

Ci sono state resistenze anche negli ambienti del Vaticano?
"C'è stata molta solidarietà. Ma come in tutti gli ambienti c'è chi ci è stato vicino e chi ha scelto il silenzio".

La magistratura ha avuto difficoltà, non sempre c'è stata collaborazione.
"Esistono degli accordi di procedura che vanno seguiti e rispettati. Ricordo che il pm Domenico Sica ha ottenuto la collaborazione della segreteria di Stato".

E' servito a poco.
"Chi aveva in mano mia sorella era in grado di controllare tutto".

Tutto?
"Una volta il pm Sica chiese e ottenne di essere presente durante una delle telefonate dell'americano, quello che chiedeva il rilascio di Ali Agca in cambio di Emanuela. Si sistemò nella stanza del cardinale Agostino Casaroli e attesero insieme l'ora stabilita. L'uomo non si fece sentire. Ma appena Sica lasciò il Vaticano chiamò. Era seccato. Ci disse: 'Volete fare i furbi, lasciate stare la magistratura'".

La sua famiglia ha dato credito alla pista internazionale?
"Mio padre era convinto che mia sorella fosse vittima di un gioco più grande di noi. Quando chiamò, l'americano disse di essere amico di Mario e Pierluigi, quelli che si erano fatti sentire per primi. Era un modo di far capire che si trattava della stessa gente. Oggi, quando ci penso, il collegamento con la banda della Magliana è evidente. All'epoca era difficile, impossibile".

Enrico De Pedis riposa a Sant'Apollinare. Sua sorella frequentava la scuola di musica della Basilica. Nella stessa Basilica doveva suonare il giorno la sua scomparsa per un concerto. E' stata rapita a pochi metri da quel luogo. La tragedia di sua sorella è piena di simbologia.
"Emanuela è stata vittima e strumento di un ricatto".

Suo padre aveva visto documenti compromettenti.
"Mio padre si occupava delle domande per le udienze pubbliche con il Papa".

Era un caso che doveva fare rumore.
"Per mettere in difficoltà il Vaticano".

Perché?
"Questo non lo so. Ma se è stata rapita dalla Banda della Magliana, con quello che significa questa Banda e per le implicazioni che ha avuto, forse si capisce anche il motivo".

(27 giugno 2008)

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