8 lug 2008

Sabrina Minardi: la favola cominciò così

orlandi, la teste chiave sabrina minardi

Dal re del gol al boss della mala

Le nozze con il calciatore nel 1979, l'incontro nell'82 con De Pedis. E la figlia innamorata di un pirata della strada

Il giorno delle nozze di Bruno Giordano e Sabrina Minardi, nel giugno del 1979
Cominciò così. Come una favola. In prima pagina sul Corriere dello Sport: era il 16 giugno 1979. Titolo: «Si sposa il re del gol». Bruno Giordano e Sabrina Minardi. Lui era il centravanti della Lazio, il capocannoniere della serie A, 23 anni e Roma ai suoi piedi.

Bruno e Sabrina, amore trasteverino, sbocciato tra via del Moro e vicolo de' Cinque. Due anni dopo le nozze, nacque Valentina, che oggi ha 27 anni, i capelli rossi e gli occhi acquamarina, un fiore di loto tatuato sulla spalla destra e tre stelline su un piede a coprire una cicatrice: «Forse siamo nati sotto una stella sfortunata», piange. Ha ragione, Valentina. La favola svanì presto, lasciando il posto a una saga maledetta. «Mia madre era gelosa, vedeva sempre mio padre sulle copertine dei giornali accanto ad attrici famose».

Il matrimonio, dopo poco, entrò in crisi. Ma il fatto è che la moglie ormai si era abituata: al lusso, alla bella vita, allo champagne. Fu così che nella primavera dell'82 mentre se ne stava seduta con alcune amiche a un tavolo de La Cabala, mitico pianobar vicino a piazza Navona, qualcuno la nota, chiama un cameriere e ordina di portare proprio a quel tavolo dove lei è seduta un mazzo di rose e una bottiglia di champagne. Effetto fenomenale. Quell'uomo, però, si chiama Enrico De Pedis, detto Renatino, è il boss in ascesa della banda della Magliana. Lui, quando si presenta, gli dice di essere un imprenditore, gestisce la catena dei supermercati Sma.

Non è mica vero, ma lei ci crede: «Mi trattava come una bambina, mi portava alla sauna del Grand Hotel, vivevamo come nel film Il Padrino. Mi faceva mille regali, valigie Louis Vuitton piene di banconote da 100 mila lire, mi diceva spendili tutti, se ritorni a casa senza averli spesi non ti apro la porta — così ha raccontato Sabrina due anni fa a Raffaella Notariale di Chi l'ha visto? —. Andavo da Bulgari, da Cartier, pagavo in contanti per due orologi d'oro, i commessi mi guardavano preoccupati, pensavano che fossero il bottino di una rapina. Ma io li tranquillizzavo, dicevo loro: Me li dà mio marito, sapete, è un tipo stravagante... ». I primi due anni sono di «grande passione», dice Sabrina, fino a quando — novembre '84 — Renatino viene arrestato dalla Squadra Mobile proprio a casa di lei, in via Elio Vittorini, all'Eur. Due anni di passione, ma anche di cocaina e altri giochi pericolosi.

Sabrina all'inizio non sa che Renatino è il boss dei boss della Magliana, poi però un giorno le capita sotto gli occhi Il Messaggero e legge un articolo. Allora capisce e prova per la prima volta terrore. In quegli anni lei ha visto molte cose. Gelli («Credo che anche Renato s'iscrisse alla P2...»), Pippo Calò («Con lui erano baci e abbracci, quando andavamo a Palermo chiamava Renato figghiu... ») e poi Carboni, Marcinkus, il banchiere Calvi («Quando i miei genitori si ammalarono di tumore ci pensò lui a farli curare a Parigi... »). Vide molte cose Sabrina, che però non doveva vedere. «Così un giorno tentarono di rapire mia figlia Valentina — ha dichiarato ai pm —. Allora chiamai Renato e lui mi disse: Se ti sei scordata quello che hai visto non succederà niente a tua figlia... In effetti, fino ad oggi non le è successo nulla, però è vero che Renato è morto ma ci sono in giro altre persone...».

Valentina Giordano: anche lei quest'anno è finita in prima pagina. La sera del 22 maggio scorso era sulla Mercedes guidata dal suo fidanzato, Stefano Lucidi, stavano litigando per motivi di gelosia. Lui non si è fermato a un rosso di via Nomentana e ha ucciso due ragazzi su uno scooter. Lucidi ora è in carcere, accusato di omicidio colposo. «Ricorderò sempre la telefonata che mio padre fece a mia madre — racconta Valentina — quando su un giornale uscì la mia foto da piccola in braccio a Renatino. Non ti azzardare più a mettere Valentina in braccio a quello, le disse mio padre, perché se parte una revolverata uccideranno anche lei. Tanto lo sai che i boss fanno tutti la stessa fine: a bocca sotto sul marciapiede ». Profetico, Giordano. Renatino De Pedis uscì dal carcere nell'87, si sposò con un'altra e quando Sabrina lo seppe partì per il Brasile e ci rimase un anno e mezzo. Poi però tornò e ritrovò sempre lui, che andò a citofonarle sotto casa: «Sento puzza di bruciato, fuggiamo in Polinesia», le disse il bandito. Il giorno dopo era il 2 febbraio del '90, andarono insieme a fare le ultime spese. Lei stava ancora dentro a una merceria, quando in via del Pellegrino, vicino a Campo de' Fiori, Renatino finì «a bocca sotto sul marciapiede» per mano di due killer.

Come aveva previsto Giordano. Ma anche la carriera di Bruno aveva subìto brutti colpi: il calcio- scommesse dell'80, l'ingresso a Regina Coeli. E la cattiva stella non risparmiò nessuno della famiglia: la mamma morta in un incidente stradale, la sorella Silvia che si bucava e finì dentro per spaccio, rapine, furti. «Non è mai stato fortunato, Bruno, con le sue donne — sospira l'avvocato Titta Madia, che difese a suo tempo Silvia Giordano —. Lui ha fatto di tutto per aiutarle. Ma non c'è mai riuscito, purtroppo». Oggi Bruno ha anche smesso di provarci. Ha una nuova famiglia e la protegge come può dal passato che di tanto in tanto riaffiora e lo perseguita. Sabrina nel frattempo si è disintossicata, vive in comunità, con una pensione minima e un braccio malridotto per un terribile incidente con l'auto. Dopo anni di psicofarmaci, alcol e cocaina, non è più la bella ragazza che andò in sposa al re del gol, quasi 30 anni fa. «Mia mamma però ora sta meglio — giura Valentina —, sono convinta che ce la farà ».

Fabrizio Caccia
24 giugno 2008

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