5 nov 2006

L'ALTRO NUMERO TELEFONICO MISTERIOSO...

Un numero di telefono simile a quello del procuratore generale della Cassazione era stato trovato nelle tasche del boss Abbruciati ucciso a Milano.
Flick difende Galli Fonseca, ma un pentito lo accusa. Mancini (banda della Magliana) al processo Pecorelli: fui assolto in Corte d'appello per merito suo...

di Giuliano Gallo

DAL NOSTRO INVIATO PERUGIA - "Un quadro suggestivo, ma infondato e irreparabilmente dannoso". E' anche troppo generoso, il ministro Guardasigilli. Ha appena finito di ricostruire alla Camera un brutto pasticcio poliziesco-giudiziario, un pasticcio che ha finito per sporcare di fango l'ermellino più potente del Paese. Quello di Federico Zucconi Galli Fonseca, procuratore generale presso la Corte di Cassazione. Il suo nome è finito in fondo ad un ordine di cattura. Perché, scriveva il giudice istruttore Otello Lupacchini nel suo provvedimento (l'ordine di cattura per tutta la banda della Magliana), il numero di telefono del procuratore generale era stato trovato nelle tasche di un killer: Danilo Abbruciati, boss della banda della Maglian a ucciso a Milano il 27 aprile '82, subito dopo aver sparato al vicepresidente del Banco Ambrosiano Roberto Rosone. Non solo. Secondo le indagini di polizia Abbruciati, cinque giorni prima di essere ucciso, aveva telefonato a Galli Fonseca da una s tanza del Motelagip di Assago, alle porte di Milano. Come risultava dalle schede dell'albergo. Nel gennaio scorso era uscito un articolo su un quotidiano romano, subito seguito da una raffica di interrogazioni parlamentari sull'argomento. Tra i fir matari l'ex ministro della Giustizia Filippo Mancuso. Prima di rispondere nella sede parlamentare Giovanni Maria Flick ha cercato di documentarsi come meglio poteva: si era fatto mandare da Milano copia di tutti i pezzetti di carta trovati nelle ta sche di Abbruciati e aveva richiesto anche le schede telefoniche del Motelagip. Poi aveva inoltrato una richiesta di spiegazioni anche al giudice istruttore Lupacchini. Risultato di queste verifiche chieste dal Guardasigilli: nelle tasche di Abbruciati il numero di telefono di Galli Fonseca non c'era. Nel rapporto di polizia infatti non si parlava di foglietti, ma si diceva solo che il numero "era collegato" al killer. Quanto alle schede del Motelagip, la Squadra Mobile di Milano aveva spiegato che fra i numeri segnati sulla scheda ce n'era uno che poteva essere quello di Galli Fonseca. Aggiungendo però che si trattava di un numero "incerto, in quanto gli ultimi numeri sono incomprensibili". Ma l'annotazione iniziale sparisce ("inspiegabilmente", aggiunge Flick nella sua risposta a Montecitorio) da tutti i successivi rapporti redatti dalla polizia giudiziaria. Alla fine il ministro parla apertamente di un "mero pretesto", che ha permesso di "gettare ombre sull'immagine e la credi bilità del dottor Zucconi". E non risparmia una pesante bacchettata al giudice Lupacchini. Che, dice il ministro, "confonde risultanze investigative diverse e fra loro disomogenee". L'ex ministro della Giustizia Filippo Mancuso si è dichiarato "non solo insoddisfatto, ma scandalizzato della risposta del ministro", e la cosa avrebbe anche potuto chiudersi così, nella sede delle interrogazioni parlamentari. Solo che martedì sera, alla fine dell'udienza del processo Pecorelli, qualcun altro aveva provveduto ad evocare il fantasma di Galli Fonseca: Antonio Macini, collaboratore di giustizia e accusatore di Claudio Vitalone. Sollecitato da Giosuè Naso, difensore dell'ex terrorista nero Massimo Carminati, Mancini aveva raccontato di una "strana assoluzione" da lui ottenuta il 20 giugno del '79 dalla corte d'appello de L'Aquila. Accusato di rapina e condannato in primo grado a 16 anni, Mancini era stato assolto e condannato solo per falso a quattro anni. "Mi venne indicata una certa mossa da fare per cambiare il presidente", aveva raccontato Mancini. "Io la feci... E con il cambiamento di presidente fui assolto". Naso gli aveva suggerito il nome del presidente della corte d'appello dell'Aquila, cioè quello di Galli Fonseca. E lui aveva confermato: "Sì, ma che ci posso fare io?". Solo che Federico Zucconi Galli Fonseca all'Aquila ci sarebbe arrivato due anni dopo, il primo aprile dell'81. E come procuratore generale, non come presidente della corte d'appello.

http://www.almanaccodeimisteri.info/Corsera-ProcessoPecorelli1996.htm

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