Il 28 gennaio 1983, su richiesta di Domenico Sica, Ferdinando Imposimato spiccò un mandato di cattura per associazione a delinquere e altri reati contro Flavio Carboni, Ernesto Diotallevi e altri “compagni di merenda”. Nell’inchiesta rimase coinvolto anche Florent Lry Ravello, il socio svizzero di Domenico Balducci.
Nell’ordine di cattura si parlava dell’attentatore Abbruciati e delle connessioni tra Flavio Carboni e Diotallevi rivelate da numerosi contatti telefonici tra i due.
Da qui gli investigatori risalirono ad altri rapporti intercorsi tra Carboni ed altri componenti della banda.
Roberto Rosone era il numero due del Banco Ambrosiano.
Alle otto di mattina del 27 aprile 1982, due uomini a bordo di una moto lo avevano aspettato sotto casa. Non appena lo avevano visto uscire, uno dei due era sceso dalla moto e gli aveva sparato ferendolo ad una gamba. Poi era risalito sulla moto e insieme al complice si apprestava a fuggire, quando una guardia giurata, che si trovava in servizio davanti alla filiale del Banco situata proprio sotto l’abitazione del collaboratore di Calvi, aveva fatto fuoco. Abbruciati veniva colpito a morte mentre il suo complice riusciva a fuggire.
In mezzo alla strada, era rimasto il cadavere di un uomo vestito con eleganza. Nelle tasche, la polizia aveva trovato una patente di guida nigeriana intestata a Danilo Abbruciati, vera identità del defunto, e un pacchetto di sigarette. Più tardi veniva identificato anche l’altro attentatore, un oscuro malavitoso di nome Bruno Nieddu. Gli investigatori avrebbero indicato Danilo Abbruciati come un boss di spicco del clan romano denominata Banda della Magliana.
Durante le indagini emerse che, in un pacchetto di Marlboro che Danilo Abbruciati portava nel taschino della giacca - o, secondo altre fonti, in una scatola di fiammiferi nella tasca del cappotto, c’era nascosto un pezzetto di carta accuratamente piegato con l’annotazione di due numeri di telefono.
Uno di essi corrispondeva a Ernesto Diotallevi, sospettato di essere un altro elemento molto vicino alla Banda ella Magliana. Qualche tempo dopo saltarono fuori i rapporti che intercorrevano tra Diotallevi e Carboni. Le indagini accertarono, che il giorno successivo all’attentato a Rosone, Carboni aveva effettuato un pagamento di 530.000 dollari a favore di Diotallevi. E che Calvi aveva utilizzato per il suo viaggio a Londra verso la morte un passaporto falso che gli era stato fornito proprio da Diotallevi.
Anni dopo, queste clamorose circostanze diventarono piuttosto imbarazzanti per Carboni, il quale pensò bene di andare a deporre alla Procura di Roma:<<>> disse il “Nano Ghiacciato” faccendiere sardo al magistrato, <<>>.
Carboni e Ernesto Diotallevi furono condannati in primo grado, ma poi assolti in appello, quali mandanti dell’attentato a Rosone.
Il secondo numero di telefono, asnnotato sul foglietto trovato nel pacchetto di Marlboro o nella scotola di fiammiferi di Abbruciati, riservò una sorpresa ancora più clamorosa e rappresentò l’inizio di un vero e proprio giallo ancora oggi rimasto irrisolto.
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